Scienze Motorie Università di Verona, 21 marzo 2025
Adalberto Scemma ha delineato la storia del salto in alto con vari filmati e attraverso il contributo diretto dei protagonisti scaligeri.
L’evento è stato curato e ripreso da Massimo Lanza, Presidente del Panathlon Club Gianni Brera Università di Verona.
LA STORIA DEL SALTO IN ALTO
RACCONTATA DAI PROTAGONISTI
(Testo di Adalberto Scemma)
Presenti in aula a Scienze motorie Giuseppe Falco, Governatore dell’Area 1 (Veneto e Trentino-Alto Adige) e Raffaello Palmarin, mitico tecnico di atletica leggera – Illustrata da Chiara Milanese, Paolo Romagnoli e Romano Mattè la figura di Walter Bragagnolo, visionario creatore di metodologie allenanti innovative- Commozione per gli interventi delle protagoniste di un’epoca storica irripetibile, da Anna Rosa Bellamoli a Loredana Fiori, da Luisa Cressoni a Maria Cavallini – Il recentissimo successo di Tommaso Chichi nel campionato italiano allievi indoor-
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L’evento dedicato alla storia del salto in alto, organizzato dal Panathlon Gianni Brera-Università di Verona, ha calamitato l’attenzione su una specialità che ha sempre visto la città scaligera in primo piano, e non soltanto per la presenza ai vertici mondiali di Sara Simeoni. Molto spazio è stato concesso all’aspetto emozionale, com’era peraltro ampiamente prevedibile. Chi ama l’atletica ama la vita. Nessuna disciplina sportiva, se parliamo di intensità, sa regalare le emozioni suscitate dalla regina delle Olimpiadi. Lo percepiamo soprattutto oggi nel momento storico più folgorante per la squadra azzurra, con risultati eclatanti in tutte le specialità e con personaggi al centro anche dell’interesse mediatico.
C’è un motivo specifico alla base dell’evento programmato dal Panathlon Gianni Brera-Università di Verona, primo al mondo ad avere sede in una struttura universitaria con l’obbligo quindi, nel rispetto dello statuto, di fare cultura sportiva. La cultura è conoscenza e la conoscenza, come insegnano le neuroscienze e come insegnava, quasi un mantra, un tecnico visionario come Walter Bragagnolo, si attiva soltanto per confronto. Il confronto con il passato, soprattutto. Un passato che i ragazzi di oggi conoscono quasi soltanto di riflesso perché hanno disattivato il piacere della lettura. Di qui la scelta del Panathlon di riaccendere l’interesse raccontando ciò che i ragazzi non conoscono, cioè la storia, in questo caso, di una specialità come il salto in alto che proprio a Verona ha trovato radici profonde grazie anche alle intuizioni di Walter Bragagnolo, cui è intitolata oggi l’aula magna di Scienze motorie.
Dopo i saluti del presidente del Panathlon Massimo Lanza è intervenuto il governatore dell’Area Uno del Panathlon Distretto Italia Giuseppe Falco, che ha sottolineato il crescente grado di interesse che il movimento panathletico sta raccogliendo anche nella sua zona di riferimento, il Veneto e il Trentino-Alto Adige con un significativo aumento del numero dei soci. Ad accompagnarlo un personaggio carismatico come Raffaello Palmarin, intramontabile tecnico multiforme che ha allenato alcuni tra i più noti campioni della nostra atletica in specialità sulla carta agli antipodi come il salto in alto o il lancio del martello.
La presentazione di filmati esplicativi ha permesso di ripercorrere l’evoluzione del salto in alto attraverso le varie modalità di esecuzione: la sforbiciata delle prime Olimpiadi (adottata fino allo straordinario 1,91 di Jolanda Balas, nel 1961) lo scavalcamento costale di George Horine fino alle varie interpretazioni dello scavalcamento ventrale (Harold Osborn il primo, poi il “calcio di rana” di Nilsson ad anticipare il leggendario Valerj Brumel e la meteora inimitabile Volodymyr Jaščenko, mai più superato con quel 2,35 che è stato a anche record mondiale). La novità presentata da Dick Fosbury a Città del Messico aveva subito suscitato, com’era peraltro comprensibile, un’attenzione mediatica straordinaria. Qualcuno all’inizio aveva parlato di provocazione: quando però Fosbury ha sbalordito il mondo stabilendo con 2,24 il nuovo primato olimpico tutto è cambiato e lo scavalcamento dorsale è diventato una modalità imprescindibile nell’ultimo mezzo secolo. Il tutto fino all’incredibile 2,45, ancora oggi record del mondo, realizzato con la modalità dorsale dal cubano Xavier Sotomayor nel 1997.
Fosbury avrebbe aperto dunque le porte al futuro. Così dicono, così scrivono, ma è proprio vero? Walter Bragagnolo, primo in Italia ad applicare il Fosbury, non era d’accordo. Bragagnolo aveva visualizzato infatti in anteprima assieme a Nicola Placanica, collaborando con i biomeccanici americano, gli esperimenti condotti non con Fosbury ma con una ragazzina canadese, Debbie Brill, che aveva allora 13 anni, parliamo del 1966, e che sarebbe poi stata rivale a lungo di Sara Simeoni (primato di1,99 all’aperto e di 1,97 indoor, all’epoca primato del mondo).
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Esaurita la sintesi delle modalità di esecuzione a livello mondiale si è poi passati alla parte tutta italiana (anzi, tutta veronese) della storia del salto in alto. Perché dopo le Olimpiadi di Città del Messico, nell’aprile del 1969, a vincere il titolo italiano sulla pedana dell’Arena di Milano con il nuovo record fu proprio un’allieva di Bragagnolo, Anna Rosa “Atta” Bellamoli, invitata all’evento nell’aula universitaria e salutata con un caloroso applauso. Una pioniera, prima ancora che una sperimentatrice? Viene da pensarlo. Bragagnolo ne intuì subito le qualità e la plasmò al punto da portarla in breve ai vertici nazionali. Il racconto di Anna Rosa, così dettagliato, è stato seguito con commozione da molte delle atlete azzurre presenti in aula. Tra queste Loredana Fiori, eclettica al punto da non crearsi limiti (titoli italiani conquistati nei 400 metri, nel salto in lungo e nelle prove multiple nell’arco di una quindicina d’anni fino alla presenza in Coppa Europa nel 1979, a 32 anni, e alla medaglia d’argento nel salto in alto conquistata tre anni più tardi a Strasburgo nell’Europeo Masters. Un talento straordinario, a detta di Bragagnolo, frenato soltanto da un carattere anarchico.
Si è poi arrivati al top, a quel capolavoro assoluto rappresentato dall’arrivo sulla scena del salto in alto di Sara Simeoni. Non c’è stato motivo di dilungarsi: di Sara si conosce ormai tutto, è stato visualizzato migliaia di volte il filmato dell’oro olimpico di Mosca e dell’argento di Los Angeles a 31 anni con 2 metri, battuta soltanto da Ulrike Meyfarth capace di bissare il successo di 12 anni prima a Monaco 72. Sara è stata la più grande atleta italiana di tutti i tempi, ineguagliata per quantità e qualità di successi e per elevato rendimento agonistico. In aula è stato presentato però un filmato raro, uno spezzone estrapolato dall’archivio della Domenica Sportiva (1973) condotta allora da Alfredo Pigna e dedicato proprio a Sara Simeoni con un’intervista a Bragagnolo che ipotizzava già alle Olimpiadi di Montreal la fissazione a 2 metri del record mondiale del salto in alto femminile, Una profezia destinata di lì a poco ad avverarsi quando Rosemarie Ackermann superò a Berlino prima al mondo (1977) l’asticella posta a 2 metri utilizzando tuttavia, ultima della serie, ancora il ventrale. Oggi, dopo l’exploit di Stefka Kostadinova (2,09 nel 1987) siamo già a 2, 10 con Jaroslava Mahučich ma pensiamo anche all’impresa leggendaria di Jolanda Balas che, saltando a forbice, portò in cinque anni (1955-1961) il record del mondo da 1,75 a 1,91.
A raccontare con precisi dettagli di carattere tecnico la sperimentazione di Walter Bragagnolo (il metodo M.A.E. ormai conosciuto in tutto il mondo) sono intervenuti Chiara Milanese, oggi docente universitaria e ricercatrice illuminata, e Paolo Romagnoli, che in veste di allenatore è passato dalla teoria alla pratica portando Tommaso Chichi (Bentegodi) a vincere il titolo italiano allievi indoor. Da parte della Milanese e di Romagnoli una sintetica lezione di carattere accademico che comparirà in videoregistrazione nel sito del Panathlon Gianni Brera-Università di Verona curato da Alberto Capilupi e destinato a fungere da supporto didattico anche per gli studenti del corso di laurea in Scienze motorie.
Un’altra storia, per tanti motivi molto bella, molto particolare, è stata raccontata dall’azzurra Luisa Cressoni, nata a Valeggio e qui spinta (anzi: “obbligata”) a fare ad un’insegnante motivatissima e visionaria come Katia Ruzza. Recalcitrante all’inizio perché poco interessata allo sport, Luisa si appassionò poi all’atletica al punto da arrivare a saltare in alto 1,80 sperimentandosi poi con successo anche nelle prove multiple. E proprio a Valeggio, nonostante la scarsa attenzione mediatica che all’epoca accompagnava le sue imprese, divenne un punto di riferimento preciso per l’intero movimento sportivo grazie alla presidenza, per 5 anni, della Polisportiva San Paolo che conta in tutte le discipline circa duemila praticanti.
Partendo dal salto in alto ma mettendo subito in mostra qualità di eclettismo non comuni (con una decina di titoli regionali veneti consecutivi) ecco Maria Cavallini, oggi tesoriera del Panathlon Gianni Brera-Università di Verona e generosa trascinatrice dell’attività del club con un contributo di disponibilità e di entusiasmo davvero encomiabile. Perché l’incipit proprio nel salto in alto? “Perché era la specialità meglio pagata in termini di punteggio”, ha precisato Matria. Ed ha aggiunto, con ironia: “In realtà, gareggiando in tutte le specialità, nei campionati di società sono stata spesso impiegata come…tappabuchi! L’unica gara che ho affidato all’archivio con una certa sofferenza ve la lascio immaginare: gli 800 metri. Che fatica! I momenti più esaltanti? Mi piaceva vincere, certo, ma amavo anche le sfide con i miei allenatori, che in caso di record mi premiavano con una gigantesca coppia di gelato”.
A illustrare il contributo fornito da Walter Bragagnolo al gioco del calcio è poi intervenuto Romano Mattè, per tanti anni allenatore (Livorno, Ternana, Benevento, Siena, Avellino in serie A, Salernitana, Piacenza, Teramo e Alessandria tra le altre) prima di diventare commissario tecnico delle Nazionali dell’Indonesia e del Mali e di chiudere la carriera come consulente tecnico della Juventus per il calcio estero. “Il passaggio dal metodo quantitativo di stampo sovietico al qualitativo con la messa in stato di necessità dei calciatori – ha detto in sintesi- ha contribuito in maniera determinante all’evoluzione di un gioco all’epoca piuttosto statico nelle modalità allenanti. Nel mio campo specifico credo di aver contribuito, al fianco di Bragagnolo, a innovare la fase allenante di un ruolo come quello del portiere considerato una sorta di altro da sé rispetto agli altri dieci giocatori in campo”.
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Si è poi arrivati al momento clou dell’evento, la premiazione di Tommaso Chichi, un quindicenne di talento fresco vincitore come si è detto del titolo italiano allievi indoor di salto in alto e allenato da Romagnoli secondo la metodologia dell’”amplificazione dell’errore” (M.A.E.). “Quando mi ha visto in allenamento il prof. Romagnoli – ha raccontato Tommaso – saltavo 1,37. Invitandomi a sperimentare una nuova modalità mi ha sbalordito inizialmente, poi mi ha incuriosito e alla fine mi ha affascinato al punto da indurmi ad affidarmi consapevolmente all’applicazione delle sue idee. Ai campionati italiani indoor di Ancona mi sono presentato con un primato personale di 1,87 che non mi accreditava certo tra i favoriti. Ma in gara è scattata una certa molla e ho vinto il titolo arrivando fino a 1,99. Un miglioramento inusitato, credo, per una gara di salto in alto. Ai primi di marzo il debutto in maglia azzurra Under 18 a Metz nel triangolare Francia-Italia-Portogallo. Il resto è tutto da scrivere ma la motivazione è al massimo livello. Con umiltà, naturalmente, e senza l’obbligo di bruciare le tappe”.
A sorpresa, ecco in chiusura, la proiezione degli interventi in video beneauguranti di due glorie del salto in alto azzurro come Daniele Pagani e Alessandro Canale che hanno emozionato Tommaso e calamitato l’attenzione del pubblico. Daniele Pagani, (Libertas Mantova e Fiamme Oro Padova) è stato campione italiano assoluto nel 1987, 1988 e 1990 (record personale 2,28) mentre Alessandro Canale (Cus Roma e Snam) ha vinto i titoli assoluti nel 1996 e nel 1997 bissando nello stesso anno il titolo indoor. È seguita la premiazione ad opera del delegato del CONI prof. Giuseppe Faugiana, intervenuto con una coppa a portare a Tommaso Chichi il saluto augurale del Comitato Olimpico.

Adalberto Scemma e Massimo Lanza

I saluti del Governatore Franco Giuseppe Falco



Anna Rosa Bellamoli

Paolo Romagnoli e Chiara Milanese

Luisa Cressoni

Maria Cavallini

Loredana Fiori

Tommaso Chichi

Coppa a Tommaso Chichi dal Delegato CONI di Mantova

Elogio a Walter Bragagnolo da Romano Mattè


Aggiungiamo una rielaborazione dell’evento, a cura di Massimo Lanza
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