“Gli Invincibili di Bonimba” (A.S.S. editrice) è il terzo libro patrocinato dal Panathlon Gianni Brera-Università di Verona. È la storia della squadra di calcio della parrocchia di S. Egidio dove Roberto Boninsegna ha tirato i primi calci. Una squadra di ragazzi mai sconfitti nell’arco di due stagioni, raccontata da Adalberto Scemma che di quella squadra (lui, non Boninsegna!) era il centravanti. Riportiamo qui la prefazione di Gianni Mura dal titolo “Si separano ma non si perdono”:

La foto dai toni di seppia fa il giro del tavolo sotto il pergolato, fuori dalla trattoria.  È cominciato tutto lì e non è ancora finito. Gli Invincibili del Sant’Egidio, anno 1957. Due anni (1956/58) senza mai perdere una partita e la prima sconfitta arrivata con la monetina del sorteggio. “Io sono il secondo in basso da destra. Un ragnetto”, dice Roberto Boninsegna, classe 1943. “Tant’è che giocavi mezzala, il bomber ero io”, dice Adalberto Scemma, secondo da sinistra in alto, poi diventato giornalista, e pure bravo. “Vero, ma eri tutto velocità, tecnica poco”, dice Boninsegna. Ed è curioso sentir parlare di tecnica uno che è passato alla storia (del calcio) come simbolo di forza e coraggio, sturm und drang, un satanasso. Però ne aveva, e tanta, visto che segnava in tutti i modi, quasi sempre di potenza, da tutte le posizioni. E un po’ di merito ce l’ha Massimo Paccini, l’allenatore di allora, in posa sulla destra come un maestro con la scolaresca. “Brava persona, bravo tecnico, ha vinto un titolo nazionale sulla panchina del Guastalla, con Gene Gnocchi in campo, ha curato le giovanili del Mantova. È morto un mese fa, prima di morire s’è fatto portare sul campo dell’Anconetta, dove giocavamo. Ai funerali c’eravamo tutti noi degli Invincibili”.

Il capitano di quella squadra, Franco Salardi detto Cina, è il titolare della trattoria, adesso sta tornando con una bottiglia di Lambrusco bello scuro e una sleppa di Grana. Boninsegna indica la foto: “Sembriamo più giovani, no? È perché c’era meno da mangiare. Ecco, questo biondino è Scardeoni detto Nacka, venne con me nelle giovanili dell’Inter, poi al Genoa, lo allenò Sarosi ma lui aveva in testa l’arte e ora fa l’antiquario a Lugano. Pedrazzoli è diventato pittore ma anche assessore alla cultura. Alfano direttore dell’Inps, Fornasari funzionario della Belleli che ha ristrutturato San Siro”.

A un certo punto penso che siamo indietro nel tempo, o forse fuori dal tempo. Quando mi ricapiterà di fare un’intervista sotto un pergolato, senza che l’intervistato guardi l’orologio ogni cinque minuti? E con un intervistato che parla senza reticenze? È qui che capisco quanto forte sia il legame tra compagni di squadra, anche ragazzini, che si separano ma non si perdono….

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