3 Agosto 2024

Collateralmente al tema dell’evento – MONTAGNA ACCESSIBILE – è stata ripresentata la figura del personaggio cui è intitolata l’Aula Magna di Scienze Motorie dell’Università di Verona.

Tre anni fa a Campitello di Fassa, per iniziativa del sindaco Ivo Bernard, la
presentazione del libro “Il profe che insegnava a sbagliare” aprì una serie di eventi
dedicati alla cultura sportiva. Il “profe” era Walter Bragagnolo e a ricordarne la
figura, oltre all’autore del volume rievocativo Adalberto Scemma, intervennero
come relatori Federico Schena, Carlo Morandi, Alberto Ambrosio, Luciano Zerbini,
Romano Mattè, Paolo Romagnoli e Walter Castelletti. Gli argomenti trattati in
quell’occasione sono stati ricordati da Adalberto Scemma nella presentazione della
serata del 3 agosto scorso a Campitello di Fassa con l’intervento come relatori di
Valentina Cavedon e Paolo Romagnoli.
In apertura di serata il sindaco Ivo Bernard, allievo del “profe che insegnava a
sbagliare” all’Isef di Verona, ha ricordato la magia di un percorso di vita che ha
visto Walter Bragagnolo lasciare tracce significative sia nel mondo della scuola, con
la configurazione dei programmi della facoltà di Scienze motorie, sia nel mondo
dello sport, vissuto attraverso una vasta gamma di implicazioni, dalle gemme di
Sara Simeoni ai successi della Valanga azzurra dello sci.

ADALBERTO SCEMMA, non potendo presenziare all’evento, ha inviato agli organizzatori un proprio VIDEO/AUDIO, in cui è ripartito dalla figura di Walter Bragagnolo, illustrata tre anni fa a Campitello di Fassa, quando il nostro sito non era ancora nato.

TESTO:

A tutti un cordiale saluto e un grazie per aver riacceso l’attenzione su un tema quasi sempre assente dai dibattiti sportivi. Parlo dell’aspetto visionario, il saper guardare oltre, la capacità di innovare quindi sfidando regole in apparenza già codificate. E qui il ricordo corre a un personaggio cui è stato dedicato proprio a Campitello, tre anni fa, un evento che ha innescato ampi motivi di discussione e di confronto. Parlo di Walter Bragagnolo creatore del “Metodo di amplificazione dell’errore”, un metodo visionario che ha innovato radicalmente l’attività di ricerca sul movimento umano.

Era conosciuto Bragagnolo con un soprannome: Il Profe che insegnava a sbagliare. Un gioco di parole creato dagli americani quando aveva perfezionato con loro, la tecnica del salto dorsale. Siamo nel ‘66, non era stato Fosbury la prima cavia a sperimentarlo ma Debbie Brill, una saltatrice canadese che aveva allora 13 anni e che sarebbe stata poi rivale di Sara Simeoni, Sara allenata da Bragagnolo come sappiamo e portata da lui sino alle Olimpiadi di Monaco nel ’72.

Torniamo al metodo che Ivo Bernard, Paolo Romagnoli e Valentina Cavedon ben conoscono essendo usciti, tutti, da quella scuola. C’è stato un momento in cui Bragagnolo ha avvertito l’esigenza di compiere un balzo creativo con una proposta dirompente (il metodo M.A.E., il metodo che impone l’amplificazione esasperata dell’errore) una proposta destinata a rivoluzionare i processi di apprendimento motorio convenzionali.  In sostanza (poi toccherà a loro, Ivo, Paolo, Valentina approfondire quello che io vi anticipo in maniera empirica): in sostanza dunque l’allenatore dovrà individuare l’elemento negativo principale di un gesto motorio compiuto dall’atleta e spingerlo ad amplificare l’errore per procedere, attraverso le informazioni sensoriali acquisite, all’autocorrezione.

Bragagnolo era un provocatore intelligente ma anche un idealista e un pratico allo stesso tempo visto che ha saputo portare la teoria in campo come dimostrano i risultati degli atleti che ha allenato. Sappiamo della Simeoni ma pensiamo anche a Luciano Zerbini, finalista olimpico sia nel disco che nel peso. Bragagnolo lo obbligava a lanciare il disco d’inverno nelle polle di ghiaccio della Lessinia o su un carretto in movimento per migliorare l’equilibrio. O pensiamo a Pierpaolo Ferrazzi, oro olimpico nel 92 a Barcellona nel kajak di slalom. I risultati di questa scuola continuiamo a vederli in una catena ideale: da Zerbini a Dal Soglio e poi oggi da Dal Soglio a Fabbri e a Weir nel getto del peso, da Ferrazzi a Moimenti, campione olimpico a Londra 2012 e, proprio giovedì a De Gennaro, tutti ori olimpici nella canoa fluviale, tutti usciti dalla stessa scuola. Per non parlare della Valanga azzurra dello sci di cui proprio Ivo Bernard è stato testimone eccellente.

E qui credo che valga la pena, mi riferisco a Paolo Romagnoli in particolare, di approfondire un aspetto di cui Bragagnolo avvertiva il fascino: la possibilità di coniugare due culture, il pragmatismo occidentale e lo zen orientale. E poi rimane aperto il problema, fondamentale, del corretto uso dell’energia rispettando la coazione costante dei tre sistemi fondamentali: quello nervoso quello endocrino e quello immunitario che dei tre il più significativo per la sua mansione protettiva

FOTO dell’evento :

Nella prima foto VALENTINA CAVEDON e PAOLO ROMAGNOLI

Cavedon ha affrontato il tema dell’accessibilità, mentre Romagnoli ha ripreso il ricordo di Walter Bragagnolo.

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Paolo Romagnoli: “Ricordo di Walter Bragagnolo”

http://www.giorgiopasetto.it/wp-content/uploads/2018/10/PAOLO-ROMAGNOLI-IX-Congresso-DMSA.pdf

Intervento di Valentina Cavedon:

Nella serata a Campitello organizzata dal Sindaco Ivo Bernard, la Dottoressa Valentina Cavedon del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona ha affrontato il tema della “Montagna accessibile”, con particolare riferimento alle questioni di accessibilità per persone con disabilità fisica e sensoriale, partendo dalla seguente domanda: “La montagna oggi è accessibile alle persone con disabilità?”.

“Anche se c’è ancora molta strada da fare per abbattere le diverse barriere fisiche e mentali che troppo spesso ancora oggi allontanano le persone con disabilità dalla montagna, personalmente penso che la montagna di oggi stia diventando sempre più accessibile a persone con limitata mobilità fisica o con disabilità visiva. A questo proposito mi piace portare degli esempi eclatanti di grandi atleti che, nonostante una condizione di disabilità fisica o sensoriale, come un’amputazione di arto inferiore, una lesione midollare o una cecità completa, siano riusciti a scalare le vette più alte del mondo. Cito, solo a titolo di esempio, le imprese del noto e stimato atleta paralimpico e alpinista Andrea Lanfri che ha subito amputazioni multiple a seguito di una meningite e che è riuscito a toccare il tetto del mondo conquistando Everest, Kilimangiaro, Monte Kenia e diverse altre montagne. In rete vengono riportati tanti altri esempi di grandi imprese, di sfide vinte da persone con disabilità: da chi ha percorso in carrozzina o con l’handbike tutti e 48 i tornanti che portano allo Stelvio, a chi ha dimostrato a sé stesso prima che agli altri che la vetta del Monte Rosa può essere conquistata anche da atleti non vedenti o da atleti con amputazione.

Al di là delle grandi imprese, oggi sempre più persone con disabilità hanno la possibilità di vivere la montagna da protagonisti, sia d’estate che d’inverno, per praticare attività fisica in un ambiente affascinante ed emozionante. Infatti, escursioni immersi nella natura, a piedi o in bicicletta, attività come l’arrampicata su pareti di roccia o di ghiaccio, lo sci e lo snowboard, sono praticabili anche da persone con disabilità, grazie all’ausilio di adeguati adattamenti tecnici e di equipaggiamento. La handbike elettrica a tre ruote, le protesi di arto sport-specifiche, le carrozzine fuoristrada monoruota e altri ausili offerti dalla tecnologia odierna, sono esempi di adattamenti che permettono a sempre più persone con disabilità di frequentare la montagna nel tempo libero, per praticare attività fisica godendo dei numerosi benefici unitamente a panorami mozzafiato. Sicuramente c’è ancora tanta strada da fare e bisogna lavorare su più fronti per rendere la montagna veramente accessibile per tutti. Tanto per fare un esempio, l’equipaggiamento tecnico per rendere la montagna accessibile a persone con disabilità è spesso molto oneroso e fuori dalla portata economica di molti”.

La Dottoressa Cavedon prosegue sottolineando l’importanza di iniziative rilevanti e di valore come il progetto “Dolomiti accessibili” che supporta un percorso di sensibilizzazione sulle tematiche legate all’accessibilità in montagna, già avviato dagli enti di governo locali nelle Dolomiti UNESCO, mediante attività di informazione, formazione e promozione. Ad oggi, nel contesto di questo progetto, sono stati mappati otre 30 percorsi accessibili anche a persone che si muovono in carrozzina nell’ambito di 9 Sistemi dolomitici riconosciuti dall’UNESCO.

A tal proposito, la Dottoressa Cavedon ha “passato la parola” a Davide Giozet, atleta paralimpico di atletica e handibike e attuale capitano della nazionale italiana di Rugby in Carrozzina, che è intervenuto con un video per portare un suo messaggio relativamente a come una persona con disabilità possa vivere la montagna […]. La montagna tante volte viene associata a qualcosa che non è raggiungibile, tantomeno con una carrozzina. Invece, il progetto voluto fortemente dalla Fondazione Dolomiti Unesco e in sinergia con varie associazioni che vivono nei territori delle Dolomiti, voleva proprio che il Patrimonio, essendo un Patrimonio universale, fosse alla portata di tutti.” Davide Giozet sottolinea anche l’importanza di sensibilizzare i gestori dei rifugi riguardo questa tematica nel senso che “spesso e volentieri trovavamo delle strade che erano percorribili ma, una volta arrivati in rifugio, magari c’era uno scalino o la porta del bagno troppo stretta che impediva l’accesso […]. Tante volte basta veramente poco per far sì che una persona con una disabilità possa vivere una giornata di ferie, una giornata in montagna assieme alla propria famiglia e ai propri amici. Interessantissimo è stato anche l’aver individuato tutti i punti panoramici che sono raggiungibili in modo molto semplice dalle funivie. Da queste terrazze ai 2000/3000 metri si può veramente ammirare da tutto il Patrimonio che abbiamo qui intorno a noi [..]. Credo che comunque la cosa importante di tutto questo sia quello di regalare un sogno alle persone […]. Vivere un’esperienza in alta quota regala un’esperienza indimenticabile”.

A seguire, la parola è andata a Daniele Cassioli, cieco dalla nascita e plurimedagliato atleta paralimpico di sci nautico, che nel suo libro “Il vento contro. Quando guardi oltre tutto è possibile” racconta le emozioni provate nell’affrontare la discesa della Gran Risa totalmente al buio con gli sci ai piedi. Daniele Cassioli, in un video rivolto ai presenti, si è detto “Felice che ci si ponga sempre di più l’obiettivo di parlare di montagna accessibile, di attività fisica e di inclusione. Daniele Cassioli sottolinea che “per quanto riguarda la montagna d’inverno, sicuramente c’è un tema di accessibilità degli impianti sportivi, più che altro degli impianti di risalita […] ad esempio, uno skilift per una persona cieca o ipovedente è complesso da gestire”. Un altro tema cruciale in termini di accessibilità evidenziato da Daniele Cassioli riguarda l’importanza delle mappe tattili che risulterebbero molto utili per aiutare chi non vede ad orientarsi nei sentieri e nei vari contesti della montagna. Daniele Cassioli conclude il suo intervento ricordando ancora una volta “…l’importanza di fare cultura tra le persone perché questo, per la mia esperienza, è quello che più di tutto fa la differenza […]. È importante renderci conto che i comportamenti fanno la differenza: i comportamenti di chi popola le piste da sci o i sentieri estivi e di chi si occupa di fare andare tutto per il meglio. Questo genere di sensibilità è fondamentale. Come si fa ad acquisire questa sensibilità? Fare cultura, prevedere corsi di formazione, controllare e guidare chi lavora in questo settore in modo che abbia un’attenzione particolare verso chi ha una disabilità. Aiutare, incentivare, spingere chi ha una struttura ricettiva o un’attività commerciale in un paese di montagna ad essere il più possibile aperto all’accessibilità, ad ascoltarla e a formarsi rispetto a questo tema.”  

L’intervento della Dottoressa Cavedon si conclude evidenziando i benefici associati alla pratica di attività fisica per il benessere psico-fisico e sociale delle persone con disabilità, soprattutto in un ambiente stimolante e sfidante come quello della montagna, nonché l’importanza di promuovere una cultura sportiva inclusiva. Un ultimo riferimento alla montagna accessibile è stato rivolto alle discipline paralimpiche che fanno parte del programma dei Giochi Invernali, che comprendono lo sci alpino paralimpico, lo sci nordico paralimpico, il biathlon paralimpico, l’hockey su slittino e il curling in carrozzina e che vedremo da vicino qui in Italia in occasione dei prossimi Giochi Paralimpici Milano Cortina 2026.  

CURRICULUM di VALENTINA CAVEDON, PhD

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