Tutto esaurito in “Sala Rossa” per l’evento organizzato dal Comune con il patrocinio del Panathlon Gianni Brera Università di Verona e del Panathlon Mantova Tazio Nuvolari e Learco Guerra.
L’intervento dell’assessore allo sport Eva Nocentelli e del presidente della Scaligera Rugby Alessio Bianchini.
Il tema del Parkinson evidenziato anche dallo scrittore Massimiliano Castellani sul quotidiano “Avvenire”
Presentato a Palazzo Guarienti “Il mio amico P.”
Valeggio sul Mincio ha risposto ancora una volta “presente”, con totale disponibilità, a un evento solidale organizzato in ambito sportivo. Con il patrocinio del Panathlon Gianni Brera Università di Verona e del Panathlon Mantova Tazio Nuvolari e Learco Guerra è stato presentato infatti nella Sala Rossa di Palazzo Guarienti il libro di Marco Evoldi “Il mio amico P.”. Al centro una storia autobiografica di sofferenza e di coraggio che vede protagonista un tecnico di rugby dalla lunga esperienza, anche a livello internazionale, impegnato attualmente con la Scaligera Valeggio. Un’opportunità, questa, che il Comune ha saputo cogliere con lungimiranza mettendo a disposizione una sede prestigiosa e chiamando a raccolta la cittadinanza in una serata coincisa (ma nessuno è sembrato accorgersene!) con il Festival di Sanremo. Più di cento i presenti, infatti, a riempire la sala per questo evento programmato in autentico “stile Panathlon” (cultura sportiva, fair play e iniziative solidali), che ha riservato anche momenti di autentica commozione.
A fare gli onori di casa l’assessore allo sport, al commercio e alle attività produttive Eva Nocentelli, diplomata Isef e quindi particolarmente sensibile alle istanze dello sport e dei suoi aspetti umani e scientifici. Accanto a lei il presidente della Scaligera Rugby Alessio Bianchini, ai vertici di una società ormai radicata nel territorio grazie anche ai valori che il rugby sa trasmettere e che i ragazzi di Valeggio hanno da tempo recepito (sono ormai 200 i praticanti dal settore giovanile alla prima squadra fino agli inossidabili veterani).
Moderata da Antonio De Gobbi con la collaborazione di Cristina Soranzo (Panathlon Mantova Nuvolari e Guerra) e di Adalberto Scemma (Panathlon Gianni Brera Univerona), la serata ha avuto in Marco Evoldi un grande protagonista, capace di toccare le corde emotive del pubblico senza un filo di retorica, utilizzando una chiave del racconto che ha evocato sotto il profilo letterario la lezione dei grandi narratori argentini, da Osvaldo Soriano a Oliviero Guez, da Julio Cortàzar a Osvaldo Bayer. Una narrazione limpida, fluente come acqua che scorre, con connotazioni intense pur in assenza (ecco l’equilibrio del racconto) di qualsiasi ricorso all’enfasi. Tutte cose poste ancor più in evidenza attraverso la lettura di alcuni brani del libro scelti e interpretati da Cristina Soranzo e da Antonio De Gobbi.
A garantire all’evento uno spessore molto particolare (ancora più sorprendente perché inatteso)) ha contribuito l’uscita in contemporaneo di una pagina intera che Massimiliano Castellani, grande firma della letteratura sportiva, ha dedicato a Marco Evoldi e alla ricerca sul Parkinson sul quotidiano “Avvenire”. Castellani, da sempre vicino ai temi di carattere solidale, è stato premiato di recente al “Bancarella Sport” per il libro di culto “A futura memoria” (ed. Minerva), scritto don Adam Smulevich e gratificato anche dal Premio Fair Play del Panathlon International. Basta questa testimonianza a far capire quanto la storia che Marco Evoldi ha raccontato nel suo “Il mio amico P.” abbia lasciato il segno e quanto la presenza del Panathlon al suo fianco abbia contribuito a creare un ulteriore momento di sensibilizzazione.
In assenza del presidente Massimo Lanza, influenzato, il Panathlon Gianni Brera Università di Verona è stato rappresentato oltre che da Adalberto Scemma anche da Luisa Cressoni (gloria atletica valeggiana con i titoli italiani conquistati nel salto in alto, a lungo presidente della Polisportiva San Paolo), da Liana Lanfredi e da Alberto Capilupi. Presenti invece per il Panathlon Club Mantova Tazio Nuvolari e Learco Guerra il presidente Daniele Pagliari e il delegato mantovano del Coni Giuseppe Faugiana oltre naturalmente a Daniele Bennati e a Cristina Soranzo. Si è cementato in questa occasione il rapporto trai due club gemellati e proprio Valeggio potrebbe rimanere sede privilegiata di iniziative comuni. Da segnalare infine la presenza di Luisa Oliosi, un’insegnante da sempre al centro dell’attività culturale programmata negli istituti scolastici del Veronese e del Mantovano.
L’articolo di Massimiliano Castellani
MARCO, UNA VITA IN MISCHIA
ACCANTO ALL’”AMICO P.”
di Massimiliano Castellani
«L’amico P è entrato nella mia vita quando avevo 32 anni. Si è annunciato con un crampo che poi è diventato un dolore lancinante, insopportabile. Notti insonni, spasmi e poi ho scoperto che si trattava di discinesie e distonia, movimenti involontari e semiparalisi. Insomma un grande caos».
È il racconto di Marco Evoldi, classe 1984, rugbista, ex pilone, allenatore e dirigente sportivo, nato e cresciuto nel Rugby Mantova. Dopo vent’anni nel club della sua città ha cominciato a girare per i campi di mezza Lombardia: Leno, Valle del Chiese, Valeggio e Bassa Bresciana. Tutti club in cui si è sempre occupato del rugby di base, da predicatore, ascoltatissimo, della grande cultura internazionale del “Progetto Scuola” applicato alla palla ovale. Un Progetto che per apprenderlo a pieno a un certo punto ha sentito il bisogno di andare a conoscerlo direttamente da una delle fonti più autorevoli della cultura rugbistica, l’Argentina. «Sono cresciuto con allenatori che ti inculcavano la storia del rugby solo “sanguepugnicalcisacrificifatica” e questa prospettiva mi andava stretta, perché ho sempre creduto a uno sport intelligente da praticare in un ambiente positivo che dia la possibilità a un giovane di seguire un percorso di crescita personale che vada di pari passo con quello sportivo. E seguendo questa direzione, che parte da una passione vera, i risultati che ho ottenuto sono stati straordinari».
Una passione che lo ha portato dall’altra parte dell’Oceano. Come direbbe papa Francesco, alla fine del mondo. «Con il gancio di un amico avvocato argentino, senza conoscere una parola di spagnolo mi sono gettato nella mischia a occhi chiusi. Per un anno e mezzo ho fatto l’“allenatore salumiere” a Cordoba. Niente soldi a fine mese dal rugby e allora per mantenermi lavoravo come cuoco in un locale dove un giorno venendo a mancare il pizzaiolo mi dissero: “Tu sei italiano, quindi la pizza la sai fare bene”. Mai fatta prima una pizza in vita mia, ma con l’aiuto di un tutorial su youtube ho impastato e infornato una pizza secondo me agghiacciante (sorride). Ma grazie al luogo comune “italiano bravo pizzaiolo” è piaciuta». Ma piaceva molto di più il “Tano italiano” del settore giovanile del Club di Cordoba, allenatore anche della squadra femminile. «Un’esperienza unica fatta in un grande club che preparava giocatori selezionabili dalla loro nazionale, i mitici Pumas. Da lì sono passato a una piccola realtà più familiare che ricordava un po’ i nostri club, ad Alta Gracia. Una cittadina di 40mila abitanti dove quando arrivo trovo una squadra giovanile con appena 4 ragazzi. Al presidente chiedo quale obiettivo abbiano in testa e questo mi fa: “Formare buone persone”. Lo guardo perplesso e gli faccio capire che sono un allenatore e non una onlus. Allora lui mi diede una risposta che è diventata mia quando parlo ai ragazzi: “Da una buona persona è probabile che possa uscire un buon sportivo. Da una cattiva persona mai».
All’Alta Gracia da 4 giocatori, come previsto da Marco, passarono a 40 tesserati. «Piccoli miracoli di questo sport che dona centinaia di storie di “redenzione”. Storie che Marco ha appena raccolto in un libro intitolato Il mio amico P (Editoriale Sometti. Pagine 142. Euro 15,00) non sa se la sua vita di malato di Parkinson cambierà in meglio, ma intanto da vero rugbista non ha mollato di un centimetro la presa e si è sottoposto a DBS. (Deep Brain Stimulation). «È un’operazione chirurgica a cui si può sottoporre il 10% dei malati di Parkinson e il 31 luglio scorso all’Ospedale Santa Maria Maggiore di Reggio Emilia, dove questo intervento lo fanno da vent’anni, mi hanno rimesso a nuovo. Nella testa mi hanno applicato uno stimolatore elettrico che quando il mio cervello manda gli input sbagliati interviene per correggerli. Sono un uomo nuovo che va a corrente – sorride – ma ogni aumento di volteraggio non è uno scherzo perché il mio corpo lo avverte. Però per fortuna il dolore è sparito e piano piano sto recuperando i movimenti degli arti. Tutto questo grazie a medici bravissimi ma soprattutto uomini e donne eccezionali, perché una parola gentile e una carezza al malato sono molto meglio di mille terapie».
Si intenerisce Marco che è orgoglioso di appartenere alla grande tribù degli uomini rudi del rugby. «I rugbisti spesso sono rudi anche nella vita di tutti i giorni, ma poi scopri che sono anche i più sinceri e senza filtri, come me. Il mondo del rugby non mi abbandona mai. Nel resto della società invece qualche amico l’ho perso perché non ha retto nel vedermi nelle condizioni in cui ero, ed è scappato. Posso anche capirli – sorride – perfino la Polizia quando mi fermava alla guida della mia auto era sul chi va là vedendo quei movimenti strani del mio corpo… Una volta un bambino che allenavo vedendo il tremolio mi fa: “Ma ti stai fermo un attimo?”. Alla Bassa Bresciana per non sentirmi ripetere quella domanda al primo giorno giocai a carte scoperte, ai ragazzi e ai loro genitori dissi presentandomi: salve, io sono malato di Parkinson». Fu una stagione eccezionale. Un papà che poi è diventato un amico, mi disse che sapeva bene cosa significasse il mio dolore, perché da anni accompagnava i malati a Lourdes».
Il vero miracolo per Marco è svegliarsi al mattino e affrontare la giornata con il suo fido gatto rosso, Gingerino. «Non è facile accettare che questa condizione sia per sempre. Ma so che il Parkinson ormai è una parte di me e non posso mica fare la guerra a me stesso. Quindi lo accetti, impari a conoscerlo ed è fondamentale capire come gestirlo». Marco dopo l’ultima esperienza con i ragazzi del Valeggio si è preso un anno sabbatico dal rugby e ha in mente un secondo libro che è un diario della sua esperienza argentina. «Non sono un credente ma ho fatto un fioretto: se la DBS fosse andata a buon fine la prossima estate sarei tornato in Argentina. Ci andrò a luglio, anche perché il libro è stato tradotto in spagnolo e vogliono diffonderlo, grazie agli amici del rugby che lo hanno letto e gli è piaciuta la mia storia – sorride salutandoci -… Quasi quanto la mia pizza».


Marco Evoldi
Foto dell’evento

Adalberto Scemma, Cristina Soranzo, Antonio De Gobbi (consigliere comunale con delega alla Cultura), Marco Evoldi (autore del libro)

L’assessore comunale allo Sport Eva Nocentelli

Alessio Bianchini (Presidente della Scaligera Rugby di Valeggio)

Cristina Soranzo


No responses yet