Il ritorno del campione olimpico di Tokyo 64 alla “5 Mulini”

“INSEGUI I TUOI SOGNI”

IL CREDO DI BILLY MILLS

Un incontro carico di emozioni a San Vittore Olona a quasi 60 anni di distanza dalla campestre storica che vide anche gli atleti della Libertas Mantova gareggiare accanto al leggendario pellerossa degli Oglala Lakota- La spiritualità e la saggezza di un popolo, cui Billy ha dedicato la propria vita dopo la conquista della medaglia d’oro.

____________________________________________________________________

Sono trascorsi sessant’anni dal suo successo olimpico nei 10.000 metri a Tokyo 1964, cinquantanove dalla vittoria colta l’anno successivo sui prati di San Vittore Olona nella 33^ edizione della “5 Mulini”. Un carico di comprensibili emozioni per Billy Mills, dunque, con il ritorno nei luoghi, il 29 e 30 luglio scorso, che lo videro protagonista di una irresistibile cavalcata. Per l’ottantaseienne fuoriclasse statunitense un tuffo nel passato di grande impatto emotivo grazie anche all’accoglienza dei dirigenti dell’Unione Sportiva San Vittore Olona, capeggiata dal presidente Pinuccio Gallo Stampino, e dal neo sindaco Marco Zerboni. Impeccabile la regia organizzativa curata dal presidente onorario della 5 Mulini Peppino Galli che ha raccolto l’assist dai servizi rievocativi de “La coda del drago” sulla storica “5 Mulini” del 1965, cui presero parte vestendo i colori della Libertas Mantova anche Riccardo Darra e Adalberto Scemma, per invitare a San Vittore Olona un personaggio come Billy Mills davvero unico nella storia dell’atletica mondiale per ciò che fa fatto vedere in gara ma anche, e soprattutto, per lo straordinario impegno in favore di un popolo, quello dei pellerossa, ancora oggi troppo spesso tenuto ai margini dalla società americana. Da segnalare anche il podcast che Storie avvolgibili ha realizzato sulla vicenda di Billy Mills per la serie “A bordo campo” (testo e voce di Adalberto Scemma).

Un momento emozionante è stato vissuto quando Billy ha fatto il proprio ingresso all’interno del Mulino Meraviglia dove ha rivissuto i momenti indimenticabili della gara che lo vide grande protagonista davanti all’inglese Johnstone, allo jugoslavo Franjo Mihaljc, storico vincitore di tre edizioni della “5 Mulini”, e all’italiano Antonio Ambu. In serata, poi, cena di gala a San Vittore Olona per una raccolta fondi a favore della comunità di nativi indiani cui lo stesso Mills appartiene. Una fondazione, la Running Strong for American Indian Youth, si occupa infatti di garantire una qualità di vita accettabile ai quarantamila abitanti della riserva indiana del South Dakota. È intervenuto come ospite d’onore anche il console americano Douglas Benning, accompagnato da Sunil Ravi, coordinatore olimpico per la delegazione Usa alle prossime Olimpiadi invernali Milano Cortina. Tante sono state le manifestazioni di vicinanza da parte di realtà associative del territorio; tra queste la consegna di una targa ricordo da parte del presidente del Panathlon La Malpensa Giorgio La Torre È stato evidenziato nel corso della serata come Billy Mills stia portando in giro per il mondo il suo credo sintetizzato in questa frase: “Inseguire i tuoi sogni ti aiuterà a rimarginare le ferite”.

Il giorno successivo, giornata altrettanto impegnativa. Dopo la visita di prammatica al Duomo di Milano Bill è stato protagonista all’Arena dell’incontro con la stampa e in serata ha ricevuto in Municipio la benemerenza del Comune di San Vittore Olona per la sua attività in favore delle riserve indiane per aver contribuito a far conoscere la “5 Mulini” nel mondo.

«Vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi è stato molto importante ‒ ha detto Billy‒ ma vincere la 5 Mulini è stata la cosa più bella», ha detto. «È come se da lì non fosse mai andato via. Per me andare a San Vittore Olona è come tornare a casa. Lì mi sono trovato bene, quella vittoria alla 5 Mulini mi ha aiutato a raggiungere tanti obiettivi», ha aggiunto. E ancora: «Se seguirò le gare di atletica a Parigi 2024? Sì, assolutamente. Se sono rimasto stupito dalla vittoria di Jacobs a Tokyo 2020 sui 100 metri? Mi sono stupito, ma meno di come gli italiani si siano stupiti quando vinsi io i 10mila metri». E per Billy Mills c’è stato il tempo di una battuta: «Se corro ancora oggi? Nei miei sogni. Poi mi sveglio la mattina, scendo dal letto e mi ricordo delle mie due nuove anche».

Molto è stato scritto sull’impatto provocato sui nativi d’America dall’invasione europea di quel continente, sui drammatici risvolti che ne scaturirono, sul nostro errato atteggiamento culturale. Un passettino alla volta, e a partire da circa 50 anni fa si è iniziata una generale inversione di tendenza. Fino ad allora anche le conoscenze etnologiche erano grossolane. Film, telefilm e fumetti erano zeppi di errori, come il totem tra gli indiani delle praterie (i più frequentemente rappresentati). Ma qual era l’atteggiamento dei nativi d’America verso di noi? Ecco un argomento su cui la letteratura è scarsa, e non esistono studi approfonditi. Ne fa fede l’intervento esaustivo pubblicato dal mensile Atletica leggera (3/45- 2013) a firma di Marco Martini e che qui riportiamo in sintesi.

L’approccio iniziale può essere sintetizzato con le parole scritte da Cristoforo Colombo in data 4 marzo 1493: “Credevano che io, con queste navi e (questa) gente, venissi dal cielo, e con questo rispetto mi ricevevano, e oggi tuttora hanno la stessa convinzione e non se ne sono allontanati, nonostante abbia parlato molte volte con loro; e poi, nel giungere in qualsiasi villaggio, gli uomini, le donne e i bambini vanno gridando per le case: venite, venite a vedere la gente del cielo. In seguito, con l’accumularsi delle esperienze, spesso negative, ci hanno guardato con occhio meno ingenuo ma sempre esterrefatto dai nostri poteri, afferrati da un misto di fascino e di paura”.

Molti accettarono volentieri la nostra società pur senza comprenderla appieno, cercandovi soddisfazioni simili a quelle di un mondo, quello a cui appartenevano, che stava scomparendo. Diventare un campione sportivo equivaleva per loro a diventare un grande guerriero o un efficace specialista di riti, e se ne registrarono in abbondanza. I maggiori centri di produzione di atleti di valore furono due scuole governative per soli nativi d’America: dapprima la Carlisle, in Pennsylvania, poi la Haskell, nel Kansas. È da quest’ultimo istituto che uscì Billy Mills, tribù degli Oglala, ultima medaglia olimpica indiana in atletica leggera, prima cioè che i nativi d’America intraprendessero quell’orgoglioso cammino di riscoperta della loro identità che li ha riportati alle antiche tradizioni.

Ci sono voluti naturalmente molti anni per ricostruire la coscienza di un’identità perduta, e per vincere mille battaglie legali e politiche. In campo sportivo tutto ciò ha provocato l’allontanamento dei nativi dal nostro ambiente, e favorito la costituzione di organismi sportivi amerindi che limitano le loro iniziative agonistiche ai soli indiani (North American Indigenous Games, Jogos dos Povos Indígenas, etc.). I tempi di Piede di Cervo (tribù Seneca), il miglior fondista del mondo del XIX secolo, Jim Thorpe (Sauk), eletto miglior atleta della prima metà del secolo scorso da un autorevole referendum giornalistico, Louis Tewanima (Hopi), secondo nei 10000 metri ai Giochi Olimpici 1912, di Thomas Longboat Onondaga) ed Ellison Brown (Narragansett), entrambi vincitori della maratona di Boston, sono ormai solo un ricordo.

La vita di Mills è un po’ lo specchio di quanto appena esposto. Terminati gli studi allo Haskell Institute, li proseguì alla Kansas University, vivendo sempre nella nostra società, lontano dalla Pine Ridge Indian Reservation dove era nato. Poi entrò nel corpo dei Marines dove, dopo la scuola ufficiali, esercitò le funzioni di ufficiale motorista, di stanza a Camp Pendleton, California. Durante la carriera agonistica, negli anni giovanili, dichiarò di essere rimasto impressionato da un nostro corridore di nome Arese. Buon pratista, finì terzo ai campionati assoluti statunitensi di corsa campestre il 30 novembre 1963, piazzamento che gli garantì la partecipazione alla famosa Corrida di San Silvestro di San Paolo in Brasile, a Capodanno. La gara andò male, ma in quella circostanza ebbe occasione di scambiare quattro chiacchiere con il fondista australiano Pat Clohessy, che gli consigliò di seguire il metodo di allenamento di Arthur Lydiard, regalandogli a tale proposito uno dei libri del famoso coach neozelandese.

Migliorando le qualità organiche grazie alla preparazione invernale predicata da Lydiard, Billy si trasformò e riuscì a qualificarsi per i Giochi Olimpici sia nella maratona che nei 10.000 metri, distanza sulla quale si aggiudicò la medaglia d’oro. Nel 1965, dopo la vittoria nella 5 Mulini stabilì il nuovo primato mondiale nelle 6 miglia, e rimase imbattuto sui 10.000, migliorando il personale fino a 28:17.6.

Solo molti anni dopo, sulla scia del cammino di riscoperta della propria identità dei nativi d’America, Mills tornò ai valori delle sue tradizioni. Nel 1990 pubblicò un libro di spiritualità

Sioux (gli Oglala sono una delle tribù della nazione Sioux) intitolato “Wokini” e divenne portavoce ufficiale del messaggio indiano dei North American Indigenous Games. Più tardi creò un club di atletica (“Running Strong for American Indian Youth”) per raccogliere fondi e consensi per la causa indiana giovanile, e rivelò il suo nome indigeno: Makata Taka Hela. Ma queste tradizioni indiane alle quali ormai tantissimi nativi d’America, pur nominalmente cristiani, stanno tornando, sono solo un momentaneo moto di orgoglio di chi appartiene a una identità mal giudicata e mal trattata, oppure c’è dell’altro. Ci sono tra loro potenzialità inespresse ma valide quanto le nostre. Le scoperte della Scienza hanno insegnato a relativizzare convinzioni che duravano da secoli. La vastità dell’universo ci suggerisce che è quasi impossibile che la vita si sia sviluppata solo sul pianeta Terra. Gli studi di letteratura e religioni comparate ci hanno rivelato che le narrazioni che sono alla base della religione e della cultura di ogni popolo, anche se costituitesi attorno a fatti e personaggi storicamente provati, sono state romanzate, abbellite e idealizzate secondo ricorrenti schemi simbolici che sono frutto della creatività dello spirito umano e non realtà veramente verificatesi. Lo sanno ormai anche alcuni indiani dotti: “Le migliorie più elevate considerazioni concepite da ogni singola società in un determinato lasso di tempo, si sublimavano in un corpus mitologico frutto di immaginazione poetica che esprimeva le esperienze attraverso le quali ogni comunità passava”.

Scoperta l’inconsistenza di ogni “verità” sulla quale gli uomini avevano costruito la loro società, crollate le certezze di ogni singola tradizione, ci si incammina verso una interpretazione dell’esistenza che, scartando ciò che non è più valido (riti, intermediari, luoghi sacri), è però più matura e più nobile: è un dialogo più intimo tra il singolo e l’ultraterreno, che si svolge nel profondo del nostro essere. E naturalmente ognuno lo porta avanti partendo dalla propria posizione. Ecco quella di Billy Mills, tratta dal citato libro “Wokini”. Mills ricorda sé stesso da ragazzo, quando infiniti interrogativi lo assillavano. Dopo averne risolti tanti, continuando a immaginare, come durante tutto il libro, di confrontarsi con una voce fuori campo di un anziano, che non è altro se non la voce dello Spirito, ricorda un pittogramma di un antico documento appartenente al padre: un torrente che scorreva tra le colline con, sullo sfondo, un grande albero. Questo disegno spiegava tutti quelli che già aveva incontrato nel vecchio rotolo donatogli dal padre. La voce fuori campo così gli parlò: “Questo grande albero fu piantato da Wakantanka quando creò il mondo. La gente accorse da ogni dove per avvicinarvisi, e poté vedere i miracoli e le meraviglie operati da Wakantanka. Ma in realtà la vita dell’albero è la vita di noi tutti. Se restiamo uniti a lui cresciamo in saggezza, se ce ne allontaniamo ci dimentichiamo dei nobili progetti che Wakantanka ha su di noi. Dov’è questo albero? mi domanderai. In realtà non è mai esistito, ma dimora in ognuno di noi”.

Dopo una pausa, la voce riprese: “Il fiume è l’energia degli esseri viventi, che scorre attraverso

il mondo e agisce. È come la corsa che tu tanto ami, che ci insegna a trovare l’equilibrio interiore. Nella nostra dimensione le realtà spirituali non possono non essere sperimentate se non all’interno di un corpo materiale. Le colline sono le Black Hills, il luogo sacro degli Oglala di un tempo, perché era lì che i bisonti si affacciavano quando arrivava la stagione di questo animale che era la più preziosa fonte di vita per il popolo. Ma in verità, le colline non sono altro che il cuore di ogni realtà esistente. Quando vi sarai arrivato, non avrai più nient’altro da imparare. Avrai trovato la saggezza. La saggezza ti porterà alla conoscenza, e la conoscenza alla pace dell’anima”.

Se quelli che credevamo essere miracoli divini non lo sono veramente, non importa, perché ciò che conta è raggiungere quel Centro. Secondo Billy Mills, praticare atletica è stata una vera ginnastica interiore, reinterpretata da adulto come patrimonio della sua identità di indiano Oglala Sioux (Makata Taka Hela). Anche i nativi d’America, dunque, stanno comprendendo che non c’è bisogno di riti, intermediari, luoghi sacri; le attività in cui ci si impegna, quelle che ci appassionano come la corsa, possono essere molto più spirituali.

IN NOVEMBRE

LA PROSSIMA

EDIZIONE

Il cross della “5 Mulini” è di gran lunga la gara più spettacolare di tutto il calendario mondiale. E monta già l’attesa per la prossima edizione, in programma stavolta in autunno, il 17 novembre. Nuova collocazione temporale, dunque, per la storica competizione. L’Unione Sportiva San Vittore Olona 1906, organizzatrice della competizione, per voce del suo presidente Giuseppe Gallo Stampino, evidenzia i motivi che hanno portato al posticipo rispetto alla passata collocazione invernale: «Il primo motivo è che c’era bisogno di una gara a metà novembre che potesse essere una valida prova di selezione per i Campionati Europei di cross che si terranno in Turchia nel dicembre 2024. Il secondo motivo è che abbiamo riscontrato una sempre maggior sovrapposizione tra il calendario delle corse campestri e quello delle gare indoor, il che mette inevitabilmente gli atleti nella posizione di dover scegliere a quale dei due tipi di gare partecipare».

Con un percorso di 10,2 km anche la nuova edizione sarà inserita nel World Athletics Cross Country Tour, il massimo circuito mondiale, nella prestigiosa selezione Gold, a conferma della storicità e della assoluta rilevanza della Cinque Mulini nel panorama dell’atletica internazionale. Le gare principali si svolgeranno dunque domenica 17 novembre: immancabile il passaggio tra i Mulini, che rende unica la competizione e che le è valso l’appellativo di “Cross più bello del mondo”. Sabato 16 novembre, la vigilia, i protagonisti saranno le ragazze ed i ragazzi delle scuole del territorio, che si contenderanno classifiche individuali e di istituto su varie distanze.

Tags:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *