Nelle foto: Eduardo Galeano, Fabrizio Gabrielli, la squadra di calcio della nazionale uruguaiana e Juan Alberto Schiaffino.

(Fabrizio Gabrielli è il traduttore di Galeano e di Lugones)

FABRIZIO GABRIELLI, IL SUD AMERICA,

SUI TASTI DEL COMPUTER E NEL CUORE

Fabrizio Gabrielli, scrittore con una particolare predilezione per gli autori

sudamericani, ha al proprio attivo una lunga attività sia come giornalista (è una

firma storica de “L’ultimo uomo”) che come traduttore. Sua è la versione italiana di

“Chiuso per calcio”, libro di culto di Eduardo Galeano, le cui passioni oscillavano tra il

fervore politico e una fede calcistica incrollabile. Quando si disputavano, ogni

quattro anni, i Mondiali di calcio, Galeano si barricava in casa, non riceveva nessuno

e – per essere più chiaro con goi scocciatori inavveduti – appendeva un cartello fuori

dalla porta, con su scritto a caratteri cubitali: “CHIUSO PER CALCIO”.

Anche Leopoldo Lugones, scrittore, giornalista e saggista argentino del secolo

scorso, rientra nella sfera di interessi di Fabrizio Gabrielli, che si occupato anche

dell’opera di Mauricio Wacquez e di Juan Filloy, scrittori e intellettuali che

appartengono a una coltissima nicchia letteraria. Gabrielli non si è occupato tuttavia

di indimenticabili e ormai leggendari “fantasmi del passato” ma ha al proprio attivo

anche la biografia dettagliatissima e commentata di Cristiano Ronaldo e, da ultima

(2023) quella di Leo Messi.

Dalla traduzione di “Cerrado por futbol”, l’antologia calcistica del grande scrittore uruguagio, alla scoperta (rassicurante) di appartenere da sempre ai “senzabrera”

QUEL SILENZIO DI GALEANO
CHE MI URLAVA DENTRO

di Fabrizio Gabrielli

Quando a tre minuti dalla fine il tiro di Rudi Voeller (o Rizzitelli, o entrambi, come mi piace anche oggi, 33 anni più tardi, nutrire la convinzione) si è insaccato, e la Roma si è qualificata per la finale di Coppa Uefa 90-91, ho pensato che non ci basterà mai il tempo per imparare tutto quello che non sappiamo, neppure di noi stessi, un pensiero rassicurante e terribile allo stesso tempo. Avevo nove anni e mi era sembrato giusto barattare una finale con una preghiera, all’epoca credevo in Dio, in un Dio che sapesse riconoscere la meritocrazia e che mi stava premiando per saper distinguere i tre Jensen del Broendby (Brian, Bjarne e John). Non mi aspettavo mi accontentasse, o che fosse così facile.

Per scrivere di calcio, fallacia classica mica così facile da sfatare, non basta amare il calcio, così come la passione per la cucina non farà di nessuno di noi Auguste Escoffier. Il Guerin Sportivo, nel paese in cui abitavo, arrivava solo per me: la mia educazione sentimentale per il racconto sportivo credo si sia forgiata su quelle pagine, già orfana dell’epistole di Bianciardi o dell’”Arcimatto” breriano, sotto la direzione di Marino Bartoletti. Mandavo a memoria la formazione dello Sporting Cristal e conoscevo che faccia avessero il Manteca Martinez e Norberto Scoponi.

“Sforbiciate” è uscito nel 2012, un tempo barbino in cui i librai, un libro come quello, non sapevano – capivano? – dove andasse messo: tra le raccolte di racconti o nella bacheca dei libri di sport? Nel 2012 lo sportswriting non esisteva, o si chiamava in un altro modo: a me interessava raccontare la storia di uomini, prima che di calciatori, e avevo la velleità di misurarmi con la letteratura, senza nessun aggettivo vicino. La presenza del fútbol era contingente, come l’avevo assaporata negli scritti di Osvaldo Soriano, o di Eduardo Galeano. “Splendori e miserie del gioco del calcio “l’ho conosciuto prima de “Le vene aperte dell’America Latina”, che mi capitò di leggere per un esame di antropologia culturale, o forse di letteratura ispano-americana, non ricordo più. La critica che accoglieva “Sforbiciate” mi paragonava al Gordo Soriano: mi sarebbe piaciuto somigliare di più a Galeano, però. Quando – dieci anni più tardi – Marco Cassini di SUR mi avrebbe proposto di tradurre “Cerrado por fútbol”, non avrei accettato subito, come avrei voluto. Come si fa a tradurre un autore che ha dichiarato che “le uniche parole che uso sono quelle che migliorano il silenzio”? Quanto incoscienza, e amore, ammesso che siano due sentimenti diversi, sono necessari per migliorare quel silenzio in un’altra lingua? Per me, che spesso soffro della sindrome dell’impostore, era un onore troppo gravoso. Ma se non ci basterà mai il tempo per imparare tutto quello che non sappiamo, neppure di noi stessi, tanto vale approfittare delle serendipità in cui ci imbattiamo. Non avrei mai immaginato, neppure nel più roseo dei sogni, di essere la voce italiana del Maestro, al quale spero di aver reso l’onore che merita, con umiltà.

Daniele Manusia mi ha reclutato per L’ultimo uomo nel 2013, lo ha fatto al telefono, in una lunga chiamata che ho dovuto interrompere soltanto perché Chiara, mia moglie, aveva rotto le acque e dovevo entrare in sala parto. Di lì a poco sarebbe nata Livia.
L’ultimo uomo era, ed è, l’idea con la quale pensavamo di riempire il vuoto che in Italia si era creato nella narrazione sportiva, che aveva perso, secondo noi, il fascino intellettivo dell’approfondimento, il piacere dell’estetica, l’azzardo della creazione linguistica. Che si specchiava troppo nel massimalismo, e che parlava di calcio, o di tennis, o di ciclismo con una neolingua sintetica, ipertecnica, svuotata di umanità.
Quando Isabella Ferretti, l’editore di 66thand2nd alla quale avevo proposto un libro su Riquelme, qualche anno prima, nel 2019 mi ha inviato un messaggio per controbattere “E se invece facessimo Cristiano Ronaldo?” io ero, ancora una volta, in sala parto, stavolta per presenziare alla nascita di Giulio (pavido scendere a patti con l’impossibilità di chiamarlo Romàn, ma neppure Julio). Non ho mai amato l’immagine della creazione come gesto romantico: piuttosto, ne ho sempre abbracciato la faticosità, e la dedizione operaia. Il travaglio. Non mi stupisce che due svolte, nella mia vita di scrittore, siano associate a due parti.

Scrivere di Leo Messi, dopo aver scritto di Cristiano Ronaldo, ed aver così idealmente ricongiunto le due metà della mela platonica che costituisce l’ultimo quindicennio di calcio, e quindi il calcio che ho conosciuto io, non è stata solo l’ideale chiusura di un cerchio, ma un vero e proprio riportare tutto a casa. Dopo dieci anni di dedizione quotidiana alla letteratura sudamericana, al calcio sudamericano, raccontare il trionfo e la consacrazione definitiva di Messi mi ha instillato l’idea, minuscola ma pulsante di vitalità, che un po’ ce lo fossimo meritati, e che l’esistenza, più del calcio, in qualche modo sa essere giusta. Eduardo Galeano, da qualche parte, deve aver sorriso.

Quest’estate ho scoperto che ci sono delle persone che inseguono, nella scrittura, un’ideale estetico molto intuitivo e per questo massimamente difficile da perseguire: raccontare grattando la superficie ruvida delle cose, senza arrendersi ai baccanali del lirismo ma non per questo abbandonando la ricerca di un’identità definita, originale, innovativa. Queste persone si fanno chiamare, si chiamano tra di loro, i senzabrera.
Ero – lo sono sempre stato, lo siamo un po’ tutti anche a Ultimo Uomo – senzabrera.
Non ci basterà mai il tempo per imparare tutto quello che non sappiamo, neppure di noi stessi: è davvero un pensiero rassicurante, e terribile allo stesso tempo.

UN VIDEO IN CUI FABRIZIO GABRIELLI DESCRIVE EDUARDO GALEANO:

Altre notizie su EDUARDO GALEANO:

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera

Eduardo Galeano nel 2012

Eduardo Germán María Hughes Galeano (Montevideo3 settembre 1940 – Montevideo13 aprile 2015) è stato uno scrittoregiornalista e saggista uruguaiano.

È stata una delle personalità più autorevoli e stimate della letteratura latinoamericana. I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue e combinano documentazione, narrazione, giornalismo, analisi politica e storia, sebbene l’autore stesso non si riconoscesse quale storico.

Biografia]

Galeano nel 1984

Galeano nacque Montevideo, in Uruguay, il 3 settembre del 1940 in una famiglia altoborghese e di fede cattolica, figlio di Eduardo Hughes Roosen, d’origini gallesi e tedesche, e di Licia Esther Galeano Muñoz, d’origini italiane (più precisamente di Genova) e spagnole[2]. A causa d’un grave dissesto che colse la sua famiglia, Galeano fu costretto sin da giovane a mantenersi con svariati lavori: operaio, pittore di insegne, messaggero, dattilografo, cassiere di banca. All’età di 14 anni vendette il suo primo fumetto politico al settimanale del Partito Socialista dell’UruguayEl Sol, firmandovisi con lo pseudonimo di Gius (derivato da una storpiatura della pronuncia approssimativa in spagnolo del suo cognome Hughes)[3].

Cominciò la carriera di giornalista all’inizio degli anni sessanta come direttore di Marcha, un influente settimanale a cui collaboravano Mario Vargas LlosaMario Benedetti, Manuel Maldonado Denis e Roberto Fernández Retamar. Per due anni diresse il quotidiano Época e lavorò come redattore capo di una University Press. Nel 1973, con un colpo di Stato i militari presero il potere in Uruguay; Galeano fu imprigionato e successivamente costretto a fuggire. Si stabilì in Argentina dove fondò la rivista culturale Crisis.

Nel 1976, quando il regime di Videla prese il potere in Argentina con un sanguinoso colpo di Stato, il suo nome fu aggiunto alla lista dei condannati dagli “squadroni della morte”; fuggì nuovamente, questa volta in Spagna, dove scrisse la famosa trilogia Memoria del fuoco (Memoria del Fuego). All’inizio del 1985 Galeano tornò a Montevideo,[4][5] dove visse fino alla fine dei suoi giorni.

Morì il 13 aprile 2015 all’età di 74 anni a seguito di un tumore del polmone[6][7].

Opere

Le vene aperte dell’America Latina (Las venas abiertas de América Latina) è un’opera di accusa dello sfruttamento dell’America Latina da parte di poteri stranieri a partire dal XV secolo ai giorni nostri. Memoria del fuoco (Memoria del fuego) è un racconto in tre parti della storia dell’America del Nord e del Sud: Genesi (Los nacimentos), Facce e maschere (Las caras y las mascaras), Il secolo del vento (El siglo del viento). I personaggi sono figure storiche: generali, artisti, rivoluzionari, lavoratori, conquistatori e conquistati che vengono ritratti in brevi episodi che riflettono la storia coloniale del continente. Comincia con i miti precolombiani della creazione e finisce nel 1986.

Per Memoria del fuoco (Memoria del fuego), Galeano fu paragonato dai critici letterari a John Dos Passos e a Gabriel García Márquez. Ronald Wright scrisse sul Times Literary Supplement: “I grandi scrittori… dissolvono i vecchi generi per fondarne di nuovi. Questa trilogia di uno degli scrittori più coraggiosi e raffinati dell’America Latina è di difficile classificazione”.

Galeano è anche stato un appassionato tifoso di calcio: il suo Splendori e miserie del gioco del calcio (1997) è un’analisi della storia di questo sport. Galeano lo paragona a una recita teatrale e a una guerra; critica il patto scellerato con le multinazionali e attacca gli intellettuali di sinistra che rifiutano, per ragioni ideologiche, il gioco e il suo fascino nei confronti delle masse.

I suoi libri sono stati tradotti in oltre 20 lingue.

Scritti in lingua originale[modifica | modifica wikitesto]

  • Los días siguientes1962
  • China 1964. Crónica de un desafío, Buenos Aires, J. Alvarez, 1964
  • Los fantasmas del día del león y otros relatos1967
  • Reportajes. Tierras de Latinoamérica, otros puntos cardinales, y algo más1967
  • Su majestad el fútbol1968
  • Siete imágenes de Bolivia1971
  • Violencia y enajenación1971
  • La cancion de nosotros, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, 1975
  • Conversaciones con Raimón1977
  • La piedra arde1980
  • Voces de nuestro tiempo1981
  • Ventana sobre Sandino1985
  • Aventuras de los jóvenes dioses1986
  • La encrucijada de la biodiversidad colombiana1986
  • El descubrimiento de América que todavía no fue y otros escritos1986
  • Entrevistas y artículos (1962-1987)1988
  • Nosotros decimos no. Crónicas (1963-1988)1989
  • América Latina para entenderte mejor1990
  • Palabras: antología personal1990
  • Ser como ellos y otros artículos1992
  • Amares1993
  • Amares (Antología de relatos)1993
  • Úselo y tírelo1994
  • Mujeres (antología de textos)1995
  • Carta al señor futuro2007
  • El cazador de historias, (opera postuma), Buenos Aires, Siglo veintiuno, 2016 (ISBN 978-987-629-628-1)

Edizioni italiane di altre opere[modifica | modifica wikitesto]

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